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Recensione del libro del mese di gennaio 2025

Nell’Ungheria della II guerra mondiale conosciamo il giovane protagonista quattordicenne il giorno in cui suo padre saluta amici e parenti perchè, essendo ebreo, deve partire per il periodo di lavoro obbligatorio.
Poco tempo dopo lui stesso si troverà su un treno diretto ad Auschwitz.
All’arrivo nel lager la situazione non gli sembra così terribile, al punto da scambiare per galeotti i deportati con la divisa, fino al momento in cui si ritroverà ad essere , attraverso un percorso lento e inesorabile di distruzione del sè, uno di loro.
Nel campo le giornate sono scandite dal lavoro duro, dalla fame, dal freddo e dalla sporcizia; lentamente il corpo, e non solo, inizia un lungo deperimento.
Attraverso un processo di alienazione, dettato dallo spirito di sopravvivenza, il protagonista riesce comunque ad adattarsi agli orrori del campo di concentramento.
Come in una sorta di romanzo di formazione al contrario, acquista un po’ alla volta consapevolezza di quel che lo circonda, e capisce che , come ci suggerisce il titolo, una volta lì, si vive in una condizione di privazione del proprio destino.
Sono tante le cose che lasciano spiazzati in questa testimonianza. Sembra di leggere un’opera senza tempo dove tante situazioni le possiamo solo intuire.
Lo stile di scrittura ricorda molto la cronaca, e di conseguenza quel che succede ci scivola addosso, proprio come succede al protagonista che, semplicemente, non può fare altro che lasciarsi trascinare dagli eventi. Questo modo di raccontare la storia, come se l’accaduto fosse qualcosa di naturale e ovvio, indubbiamente destabilizza il lettore.
Ad alcuni è mancato il lato letterario per una scrittura troppo densa che ha reso faticosa la lettura. Per altri è risultata scorrevole e capace di creare quel senso di spaesamento provato da un ragazzino di solo quattordici anni.
Tutti siamo comunque rimasti colpiti dalla forza della vita di questo adolescente che non solo non perde mai la speranza, ma nell’orrore riesce a vedere scintille di felicità.
Una voce diversa, importante, da ascoltare.
“Non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza”.
Recensione a cura di Lorella Cantusci