“Frederik invece era rimasto fedele al pensiero del padre, ‘Anche la peggior patria è meglio della terra straniera!’, anche quando la mania di migrare si era diffusa tra gli albanesi come un’isteria collettiva. Karl aveva vissuto sotto cieli eterogenei, aveva parlato e scritto in lingue differenti, aveva amato donne di nazionalità diverse. Frederik aveva vissuto nella stessa casa dove era nato, nello stesso palazzo, allo stesso piano, nella stessa casa, realizzando così quell’ideale paterno legato alla continuità delle generazioni, senza fratture, che secondo lui costituiva l’unica possibilità per diventare un uomo felice e di sani principi”: il nuovo libro di Gazmend Kapllani ti costringe a riflettere sulle causalità della vita, dove sei nato e da chi ma anche su quello che puoi fare per conquistare la vita che desideri. La storia di due fratelli, uno che resta a Ters e l’altro che se ne va è in realtà la storia di un paese e in generale una riflessione profonda e mai banale sul nazionalismo (“Nei Balcani siamo orfani di tre imperi: quello romano, quello bizantino e quello ottomano… cercare la purezza nazionale nei Balcani è come cercare vergini nei bordelli”), sulla controversa contrapposizione tra comunismo e capitalismo, sul significato che diamo alla parola “libertà”, sui motivi che scatenano l’esodo dal proprio paese di origine, soprattutto dei più giovani: “… da queste parti la gente continua a vedere la fuga come una salvezza, continuando a confidare più nella bontà degli stranieri che nella giustizia della propria patria”. Karl torna a casa dopo ventisette anni per la morte del padre. Quel padre che ha fatto carte false per poterlo chiamare come Marx e che faceva recitare ai figli il Manifesto del comunismo. Quel padre che non ha mia capito cosa cercasse Karl fuori dalla sua patria: “Non sei stanco di parlare le lingue degli altri?”. Così l’incontro tra i due fratelli diventa il dialogo impossibile anche se pieno di sentimento, su due diverse concezioni del proprio posto nel mondo e sul senso della vita.

Simonetta Bitasi