“Noi quattro eravamo nate in mesi differenti dello stesso anno, avevamo tutte vent’anni quando diventammo novizie, ventidue quando prendemmo i voti. A ventinove anni ci trasferimmo da Lackawanna, proprio a sud di Buffalo, a Woonsocket, nel Rhode Island… La nostra fede era solida e fondata. Eravamo legate l’una all’altra come pezzi di uno strano corpo asimmetrico: Frances era la bocca, Mary Lucille il cuore, Therese le gambe e io gli occhi”. Come annuncia la bella copertina, AGATHA, il romanzo di Claire Luchette racconta la storia di quattro giovani suore americane. Le conosciamo in un momento di svolta della loro vita: a causa del dissesto economico del loro convento e del pensionamento dell’amata madre superiore vengono spostate altrove e per fortuna possono rimanere insieme. Oltre alla perdita della loro guida non solo spirituale: “Madre Roberta dettava le regole: niente gomme da masticare, niente biciclette, niente frutta secca, niente animali domestici. Ogni mattina preparava il caffè e ogni sera cucinava la cena. Due volte l’anno cuciva i nostri abiti, li faceva su misura con metri di tessuto misto lana di colore nero. Ricamava i cuscini, faceva il punch con il preparato in polvere, scriveva le omelie per il prete. Tutto ciò che sapevamo della vita, ce l’aveva spiegato madre Roberta”, il cambiamento porta a misurarsi con mansioni ma soprattutto persone diverse. Non più bambini ma adolescenti e adulti che tentano di uscire da una dipendenza. Così il percorso di vita delle suore si intreccia a quella di Tim Gary, rimasto sfigurato, del ribelle Baby, dell’alcolista Tagliaerbe Jill e di Cavalla. E pone Agatha di fronte a tante domande e a pensare se davvero la fede è sufficiente per aiutare questa umanità in difficoltà. Un romanzo pieno di grazia, non solo in senso religioso, tenero e delicato, dove comico e drammatico si intrecciano e l’ironia sbuca nei momenti più inaspettati. Lo sguardo a volte ingenuo ma sempre profondo di Agatha mostra come le convinzioni personali sono spesso messe a dura prova dalla realtà e dagli incontri che facciamo.

Simonetta Bitasi