Un romanzo circolare che pian piano ti ingloba e ti fa sentire parte della storia: Hase Seishu in IL BAMBINO E IL CANE ci accompagna in un girone di varia umanità seguendo i passi delle zampe di Tamon, cane forse randagio che via via trova casa e amore. Così facciamo anche un viaggio nel Giappone contemporaneo, toccando con mano la crisi economica, la malattia, i danni dello tsunami, il rapporto uomo-donna, la coltivazione del riso, la natura delle montagne, abitate dai cinghiali. Il tutto in un romanzo alla fine poetico e consolatorio che trasuda umanità attraverso il rapporto con l’animale fedele per eccellenza: “È molto bravo. Stando con lui, avrete voglia di tenerlo e di farlo entrare nella vostra famiglia. Lui però ha già una famiglia, fate in modo che la ritrovi, per favore. Spero che chi leggerà queste parole proverà gli stessi sentimenti che provo io”. Così Tamon cambia casa, nome e momentaneo compagno di vita e ora si trova complice di un giovane uomo che per aiutare la madre malata accetta la proposta di una banda di rapinatori; uno di questi, Miguel sarà il suo padrone successivo sino a quando non incontra Taiki che passa le sue giornate a correre per le montagne. Sarà poi la volta di Miwa, che fa la prostituta per amore di un uomo che la tradisce e poi di Katano Yasichi, un anziano cacciatore che aspetta solo di morire. Sino a chiudere il cerchio a sud, dove Tamon rivolge sempre lo sguardo e ritrova il bambino del titolo. Come dice uno dei protagonisti del romanzo “Forse i cani hanno delle capacità straordinarie che gli essere umani non riescono nemmeno a immaginare” e la storia di Tamon lo dimostra ampiamente. Solo che Tamon, un incrocio tra un lupo e una razza giapponese, è una sorta di testimone che passa da esistenza a esistenza, illuminandone i sentimenti più reconditi: “Yaichi sapeva che i cani capivano le persone: erano delle creature speciali donate da Dio, o da Buddha, a quelle creature folli che erano gli uomini”.

Simonetta Bitasi