“Tutti gli eventi della mia vita si intrecciano nuotando. Senza cronologia. Come nei sogni. Perciò se evoco il ricordo di una relazione o dell’andare in bicicletta o del mio amore per l’arte e la letteratura o la prima volta che bagnai le labbra d’alcol o di quanto adoravo mia sorella o del giorno in cui mio padre mi toccò per la prima volta – non c’è un senso lineare. Il linguaggio è una metafora dell’esperienza. È arbitrario quanto la massa di immagini caotiche che definiamo memoria; ma possiamo comporre frasi per narrativizzare la paura”: il romanzo della scrittrice americana Lidia Yuknavitch, LA CRONOLOGIA DELL’ACQUA, finalmente portato in Italia da Nottetempo nella efficace e poetica traduzione di Alessandra Castellazzi, racconta un’esistenza ordinaria e straordinaria insieme ma soprattutto mostra il potere evocativo della letteratura: “Più descrivi un ricordo, più aumenta la probabilità che tu stia inventando una storia che si addice alla tua vita, risolve il passato, crea una finzione con cui è possibile convivere. È quello che fanno gli scrittori…”. Ci sono genitori e figlie, talenti rinnegati, persone danneggiate che crescono pensando di non meritare niente e quindi si autoboicottano tutta la vita, la maternità e la paternità, il rifugio offerto da droga, sesso e alcol, il classismo e il desiderio di appartenere a un mondo che disprezzi, la passione per la lettura e per scrittrici e scrittori che non dànno speranze e per questo sono gli unici appigli rimasti, il corpo che sempre anticipa i pensieri e li mette in scena, che parla e anche sa ascoltare, e l’acqua che ti accoglie come nella placenta e nello stesso tempo ti avvia alla fine perché “nell’acqua, come nei libri – puoi abbandonare la tua vita”. Talento sportivo, legami familiari, amori, desideri e aspirazioni, critica letteraria, incontri di vita si intrecciano in un romanzo dove scrittura e storia si autoalimentano, confermando il talento di una grande scrittrice: “La scrittura, lei è il mio fuoco. Le storie nascono dal luogo dove in me sono avvenute la vita e la morte”.

Simonetta Bitasi