“La vera personalità di mio padre, spogliata dai fetidi stracci dell’alcool, era riemersa: quella di un uomo contemplativo ma goffo, gentile ma rozzo, generoso ma egocentrico, divorato dall’ansia e dalla timidezza, incredibilmente impacciato. Un dilettante della vita”: la protagonista di PRIMA CHE MI SFUGGA si racconta a partire dalla sera in cui muore il padre. Insieme al fratello si ritrova in auto dopo aver lasciato l’ospedale. Da lì iniziano da una parte una serie di incombenze pratiche e burocratiche che devono assolvere, dall’altra il filo della memoria si riavvolge per riguardare all’esistenza di un uomo controverso. Che ha segnato le vite dei due figli ma soprattutto della moglie che viene ricordata soprattutto per l’aura quasi di santità che la circonda: “Lo diceva la panettiera, lo diceva la vicina, lo diceva il prete e persino un’anziana signora di Carrieres a cui avevamo dato uno strappo. Ci saremmo ricordati più di lei che di lui, di colei che aveva portato il fardello più che del fardello stesso”. La scrittrice francese che con il suo romanzo d’esordio ha vinto numerosi premi, ripercorre i giorni che seguono alla morte, mostrando pensieri e sentimenti ma anche situazioni assurde che rasentano il comico. Mettendo in luce le relazioni familiari che non smettono di esistere neppure con la scomparsa fisica dei protagonisti: “Quando una persona cara scompare, di lei resta una materia sottile e impalpabile: un’assenza che possiamo percepire come una presenza e il cui splendore non potrà mai essere offuscato Ma ciò non toglie nulla al dolore che bisogna affrontare per proseguire sulla propria strada. Non esiste un’età giusta per sentirsi orfani”. Il libro breve e intenso di Anne Pauly riesce a raccontare il rapporto tra genitori e figli, la complessità dei rapporti tra fratelli a partire dalla diversa percezione dei limiti dei propri genitori, la perdita ma anche gli oggetti, i ricordi, i racconti di vita che rimangono.

Simonetta Bitasi