LIBRO: Da quando ho incontrato Jessica – Andrew Norriss, traduzione di Claudia Valentini (Il Castoro, 2016)

CANZONE: The end – The Doors (The Doors, 1967)

FILM: Funeral Party (2017)

La morte ha sempre rappresentato uno spauracchio per gran parte degli esseri umani, sin dai tempi che furono, anche se molte popolazioni la immaginano solo come un rito di passaggio. Non sapendo cosa c’è “aldilà”, spesso si tende ad averne paura; tendiamo a vedere la morte come fine ultimo, ovviamente irreversibile, del nostro percorso su questa terra. Perdere qualcuno che ci è caro, poi, che sia una persona o un animale, è doloroso, e ognuno di noi ha provato questo dolore almeno una volta nella vita. Fortunatamente, i ricordi che ci legano ai nostri cari rimangono dentro di noi: potrà essere morto il corpo, ma ciò che ci lega non morirà mai. Esiste una poesia di Henry Scott Holland dal titolo “La morte non è niente” che mi ha colpito particolarmente e che rileggo spesso quando ripenso a tutti coloro che ho amato e che ad oggi non ci sono più. Nessuno ci porterà mai indietro i nostri cari, purtroppo. Possiamo però ricordarli ogni giorno con un sorriso, come per dire “guarda che ci sei ancora per me”. Chi crede nell’aldilà crede che i defunti ci guardino sempre dall’alto e a volte siano i nostri angeli custodi. Ma se invece fossero dei… fantasmi?

Andrew Norriss, “Da quando ho incontrato Jessica” (Editrice Il Castoro, 2016)

Il romanzo di cui vi voglio parlare è “Quando ho incontrato Jessica” dello scrittore scozzese Andrew Norriss. Il romanzo ci parla di Francis, un ragazzo un po’ sulle sue e che non ha grandi amici. Un giorno a scuola Francis vede (badate, questo verbo ha molta importanza) una ragazza e inizia a parlarci: si chiama Jessica. I due fanno amicizia in un batter d’occhio: Francis non ha paura di mostrare i suoi segreti, e a Jessica non sembra vero di avere finalmente un compagno di avventure. C’è solo un piccolo particolare: Jessica è un fantasma. Presto si scoprirà che Francis non è il solo a vedere Jessica: si uniranno anche Andy e Roland, dando vita a un quartetto piuttosto improbabile. Che cos’hanno in comune questi quattro personaggi? Perchè solo Francis, Andy e Roland riescono a vedere Jessica? E perché Jessica non ricorda nulla della propria morte? I quattro amici cercheranno di scoprirlo, unendo pertanto a questo romanzo anche un po’ di mistero, che non guasta mai.

Le parole chiave per capire questo romanzo sono due: bullismo e suicidio. Due parole grandi e pesanti come macigni che però fanno parte dell’attualità e che non devono essere lasciate da parte. Questo romanzo è stato così apprezzato che ha ricevuto anche il sostegno di Amnesty International Italia, proprio per i temi trattati. È un romanzo che se inizialmente vi farà sorridere (in effetti Francis è contentissimo di avere un’amica invisibile che passa le risposte dei test durante le ore di lezione, e come dargli torto?), vi farà decisamente riflettere e si spera comprendere la gravità del bullismo. Questi atti possono portare a conseguenze molto gravi, e Jessica lo sa bene, sebbene inizialmente non lo ricordi.

This is the end, beautiful friend
This is the end, my only friend
The end of our elaborate plans
The end of everything that stands

The end
No safety or surprise
The end
I’ll never look into your eyes again

Can you picture what will be?
So limitless and free
Desperately in need of some stranger’s hand
In a desperate land

Conosciamo tutti la fine che ha fatto Jim Morrison, frontman del gruppo rock blues The Doors, giusto? Vi rinfresco un po’ la memoria. Nei mesi precedenti alla morte Morrison soffriva di crisi d’asma e problemi di respirazione, aggravati per l’abuso di alcool, fumo e droghe. Morì a Parigi, il 3 luglio 1971, trovato dalla compagna Pam, nella vasca da bagno nella camera dove alloggiava. Morrison entra così di diritto a far parte del Club 27, che comprende tutte quelle rockstars morte a 27 anni, ovvero Kurt Cobain, Amy Winehouse, Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Robert Johnson. Il termine “Club 27” fu coniato dopo la morte per suicidio di Kurt Cobain, frontman dei Nirvana, nel 1994. 

Il brano “The End” nacque e si sviluppò nel corso di alcuni mesi grazie a una serie di esibizioni al locale Whiskey a Go Go di West Hollywood nel 1966. Morrison improvvisava parte del testo di volta in volta aggiungendo o modificando strofe a ogni concerto. Fu infine registrata nella versione definitiva nell’agosto del 1966, e fu pubblicata come brano conclusivo dell’album di debutto della band, The Doors, il 4 gennaio 1967. Molteplici sono le influenze letterarie classiche e moderne presenti in questo brano: si convergono la poetica simbolista e visionaria di William Blake, il decadentismo oscuro e minaccioso di Edgar Allan Poe e le istanze di protesta di Allen Ginsberg. Il passaggio parlato all’interno del brano inoltre può essere chiaramente considerato un riferimento all’Edipo Re di Sofocle. E non è finita qui: questo brano ha al suo interno davvero tanti altri riferimenti letterari, tanto da farlo durare, nella versione originale, ben 11 minuti e 43 secondi!

Questa versione invece dura “solo” 6 minuti!

Una cosa che mi ha sempre lasciato sgomenta è il modo differente in cui i vari popoli si rapportano per l’appunto con la morte e in seguito con l’organizzazione di un funerale. Se in Italia è la sofferenza della famiglia il punto focale della cerimonia funebre, in paesi come gli Stati Uniti si è soliti addirittura organizzare un rinfresco con tanto di cibo, quasi una “festa” per ricordare il defunto. Per questo ho scelto come terzo collegamento la commedia “Funeral Party”, diretto da Frank Oz nel 2007, un film che ha dell’assurdo e che sebbene parli per l’appunto di un funerale, vi farà “morire” dalle risate. Se siete amanti del black humour, questo è il film che fa per voi.

Gran Bretagna. Daniel attende l’arrivo della salma del padre nella villa di campagna in cui ancora vive con la madre, sebbene sia spostato. Purtroppo il feretro è sbagliato e gli uomini delle pompe funebri debbono tornare indietro. È solo l’inizio di una serie di situazioni comiche che vanno dall’humor very british alla farsa più sfrenata. Le situazioni a cui può dar luogo il ritrovarsi di persone conosciute e sconosciute a un funerale sono state proposte innumerevoli volte dal cinema ma in questa occasione la libertà di sberleffo e di irriverenza che il regista si concede non ha davvero limiti. 

Assistiamo così a un inarrestabile succedersi di eventi che, come nella struttura più classica, complicano anziché risolvere le situazioni producendo effetti esilaranti (complice una confezione di Valium davvero particolare).

Anche Fil Rouge è giunto al termine, ed è per questo che ho voluto incentrare il post di questo mese sulla “fine”. È stato un bellissimo percorso che spero sia stato apprezzato anche da voi lettori. Il filo rosso, ahimè, non è mai infinito, ha anch’esso un inizio e una fine; come spiegato nell’introduzione di questa rubrica, il filo rosso collega due persone, quindi parte da un punto per arrivare ad un altro, la sua destinazione finale. Il Fil Rouge ha fatto il suo percorso, tessendo insieme ogni mese un libro, una canzone e un film (o una serie tv), collegando me, Daniela, a voi lettori. Un legame che spero ricorderete e non dimenticherete, proprio come si fa con tutti coloro che ci hanno lasciato, ma che hanno ancora (e avranno sempre) un posto speciale nel nostro cuore.