150° anniversario della morte di Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni (Milano, 1785-1873) è uno degli autori più importanti della storia della letteratura italiana: romanziere, scrittore e drammaturgo, deve buona parte alla sua fama a I promessi sposi, considerato vero e proprio caposaldo della nostra letteratura. L’importanza dell’opera (così come della sua prima stesura, Fermo e Lucia, del 1827, considerata ormai un lavoro a sé stante) fa sì che la figura di Manzoni sia familiare persino ai giovanissimi: impossibile trovare chi, fra i banchi di scuola, non abbia sfogliato le pagine manzoniane dedicate all’amore travagliato di Renzo e Lucia, ma anche al contesto storico e sociale del tempo. Proprio questo aspetto rende il romanzo così tanto importante anche sotto il profilo storico e sociale. Manzoni voleva scrivere le sue opere in una lingua comprensibile a tutti, ma agli inizi del XIX secolo, la lingua degli scrittori e la lingua della gente comune erano molto lontane: gli scrittori scrivevano nell’italiano letterario, la gente comune parlava in dialetto, e in Italia anche all’epoca esistevano centinaia di dialetti. Nel 1823 Manzoni ha scritto una prima volta il suo romanzo più celebre, ma lo ha scritto nel fiorentino antico di Dante, Petrarca e Boccaccio: una lingua bella, ma morta, che nessuno usava per parlare. Manzoni aveva a disposizione anche una lingua viva: il suo dialetto milanese, ma fuori di Milano e della Lombardia nessuno capiva il milanese. Ecco allora la sua idea: riscrivere il suo romanzo in fiorentino sì, ma nel fiorentino parlato ai suoi tempi, dunque in una lingua viva, non morta. Per fare questo, Manzoni è andato a Firenze, ha studiato il fiorentino parlato e ha riscritto il suo romanzo nella lingua parlata a Firenze dalle persone colte, una lingua molto simile all’italiano di oggi. Tra le altre opere di Alessandro Manzoni ricordiamo gli Inni sacri (1815), Il Conte di Carmagnola (1820), l’Adelchi (1822) e Storia della colonna infame (1840).

I Promessi sposi

Romanzo storico ambientato nella Lombardia del XVII secolo e in particolare negli anni 1628-30. La vicenda dei due protagonisti (Fermo e Lucia e poi Renzo e Lucia a partire dalla princeps) e del matrimonio contrastato dal signorotto locale Don Rodrigo si intreccia con gli eventi storici e sociali dell’epoca, su tutti le vicende belliche seguite alla lotta per la successione del Ducato di Mantova e la peste del 1630.

Diviso inizialmente in quattro tomi passa a partire dalla seconda redazione a tre tomi dedicati grosso modo il primo alle vicende nel paese natale dei due protagonisti (del Lecchese) fino alla loro fuga a Monza e a Milano, il secondo alle parallele avventure dei due giovani, il terzo alla ricostruzione storica delle guerre e della peste e alle conseguenze sui protagonisti fino al ricongiungimento e al matrimonio conclusivo. Nella redazione definitiva (la cosiddetta Quarantana) il testo è illustrato da vignette commissionate e controllate dall’autore e seguito dalla Storia della colonna infame.

Storia del testo

L’inizio della composizione materiale del romanzo è databile con certezza al 24 Aprile 1821, data apposta dall’autore sul primo capitolo del manoscritto della prima minuta (Manz. B. II), tradizionalmente conosciuta con il nome apocrifo di Fermo e Lucia. A questa primissima fase risalgono i due capitoli iniziali, oltre all’introduzione (oggi conservata a parte in V.S.XI.1). Dopo l’interruzione dovuta alla conclusione di Adelchi, la stesura riprende con continuità nella primavera del ’22, fatte salve poche pause dedicate alla composizione della Pentecoste e del V Maggio. Le tappe del lavoro sono ricavabili dalle date apposte saltuariamente sul manoscritto Manz. B. II. La conclusione del lavoro è anch’essa registrata con precisione dall’autore sull’ultima carta del manoscritto al 17 settembre 1823. Segue una pausa di riflessione variamente datata dalla critica. Secondo le ultime ipotesi la revisione del testo riprenderebbe quasi immediatamente, nell’autunno del ’23 a Brusuglio, dove era in questi mesi ospite Claude Fauriel, probabilmente preceduta da una nuova introduzione che va oggi sotto il nome di Seconda introduzione scritta da ultimo e che si situa fra le due minute, sostituita però subito da una nuova introduzione più breve dove il largo spazio dedicato al problema linguistico viene nettamente accorciato. Da qui in avanti il lavoro procede sul faldone della Seconda minuta (Manz. B. III-IV), che in parte recupera i fogli del Fermo (sino all’incirca alla fine del primo tomo) correggendoli e integrandoli alla nuova stesura.

Oltre a questo intreccio materiale delle carte delle due redazioni, la ricostruzione del lavoro è ulteriormente complicata dalla parallela ricopiatura (Manz. B. V) da parte di un copista professionista cui Manzoni passa le carte a blocchi rivedendole poi e adeguandole alle nuove soluzioni maturate nel corso del lavoro. Un intreccio particolarmente significativo per tutto il primo tomo, la cui stampa inizia nell’estate del ’24 quando ancora manca la riscrittura dei tomi successivi, e che si prolungherà fino al giugno del ’27. Durante la composizione a stampa l’autore prosegue nelle ricerche storiche e linguistiche e rivede alcune soluzioni narrative, ciò che porta non solo a un disallineamento, soprattutto su alcune scelte fonetiche, tra i vari tomi, ma in qualche caso porta alla sostituzione dei fogli già stampati con nuovi fogli ricomposti (i cosiddetti “baratti”), alcuni dei quali sono conservati nell’edizione uscita a Parigi nello stesso anno presso l’editore Baudry (BAUDRY 1827) entrato in possesso delle bozze inviate da Manzoni a Fauriel durante la stampa. Ancora nel corso del lavoro, se molti fogli sono eliminati altri vengono messi da parte forse in vista di un riutilizzo successivo e sono ora conservati nella cartella Manz.B.VI («Fogli staccati»).

Subito dopo la stampa della Ventisettana Manzoni parte per il suo primo soggiorno in Toscana dove comincia l’elaborazione della nuova soluzione sincronica fiorentina che durerà per molti anni con la collaborazione di amici toscani (Cioni e Niccolini su tutti) e nell’ultima, più pregnante fase, della governante dei D’Azeglio Emilia Luti. Il risultato della famosa “risciacquatura in Arno” (per una sintesi del quale vd. VITALE 1986) sarà l’edizione definitiva, la cosiddetta Quarantana, edita a dispense dalla casa editrice Guglielmini e Redaelli dal ’40 al ’42. Il lavoro di correzione avviene su un esemplare a stampa della Ventisettana (BNB XIII 102-104), che testimonia fasi cronologicamente distinte di lavoro.

Inoltre, anche l’approntamento delle dispense, condotto sotto l’attento controllo dell’autore che collabora strettamente con l’illustratore Francesco Gonin, comporta un notevole lavoro di intervento e uniformazione sulle bozze di stampa (molte delle quali sono conservate nel “Tesoro manzoniano”: Manz. XII.87-91 e alcune altre sparsamente). A differenza di quanto accaduto con la Ventisettana tuttavia qui non sempre i fogli superati sono eliminati integralmente, ciò che determina la presenza di alcune varianti di stampa nei vari fascicoli. Nell’edizione definitiva il romanzo è seguito dalla Storia della colonna infame profondamente ristrutturata rispetto alla prima redazione del ’23.