Recensione del libro del mese di aprile 2024

Un romanzo che ha dato vita ad una discussione animata, ricca e interessante.
Al centro della storia un rapporto madre e figlia travagliato, un’amicizia interrotta bruscamente che ha lasciato una ferita mai rimarginata e una vita molto diversa da quella che ci si immaginava di vivere.
C’è un passato mai elaborato che ritorna presente e con il quale bisogna farci i conti per provare a guardare al futuro in
maniera diversa.
La figura attorno alla quale ruotano personaggi della storia è Emma, donna incompiuta che si sente vittima di tutto e di tutti, incapace di mettersi in discussione.
Matilde, la figlia, è la classica adolescente. Molto critica verso la madre, che vede solo come un essere castrato e castrante.
È grazie al padre Fausto, uomo posato e maturo, che gli equilibri familiari, seppur precari, vengono mantenuti.
Il rapporto che lui ha con Matilde è affettuoso e sincero, proprio perchè basato sull’ascolto, a differenza di Emma che sembra quasi volersi mettere allo stesso livello della figlia ed imporle le sue idee.
Altra figura importante nella storia è Irene, monaca di clausura e amica del cuore di Emma, che in qualche modo ne ha segnato il destino.
E quando la situazione tra Emma e Matilde precipita, sarà proprio lei la chiave di volta di un cambiamento positivo nel rapporto tra madre e figlia.
Irene e Fausto sono i personaggi solidi, quelli che hanno saputo scegliere il proprio destino.
Emma e Matilde, forse complici la loro fragilità ed i loro scompensi emotivi, hanno invece provocato una certa antipatia in noi lettori.
Una scrittura promossa più o meno da tutti per la sua scorrevolezza, meno apprezzata la storia che a molti è stata è risultata noiosa e
poco approfondita.
Un romanzo che parla di maternità, paternità, aborto, rinunce, sacrifici.
Di amore e di amicizia. Di vita insomma.
«Quand’è che le cose con Matilde avevano cominciato a peggiorare? Emma se l’era chiesto spesso, ma l’origine del disagio le sfuggiva. Sapeva solo che sempre più di frequente le capitava di sentirsi inutile. Una madre superflua».
Recensione a cura di Lorella Cantusci